La fortuna di Taiwan è di non far parte delle Nazioni Unite. Essendo il governo di Taipei l’erede diretto del nazionalismo del Kuomintang, la Repubblica Popolare di Cina non riconosce Taiwan e nessun paese che lo riconosca. Chi vuole nel mondo avere rapporti con Taiwan deve averli clandestini per non irritare il governo cinese. Di conseguenza, l’Onu non riconosce la sovranità di Taiwan e la sua popolazione, più di trentacinque milioni di abitanti, sono abbandonati a loro stessi. Questo è il senso morale dell’Onu, che in compenso trasmette raccomandazioni ogni anno sul milione di abitanti della Striscia di Gaza. Alla faccia del diritto all’eguaglianza dei popoli. Ma almeno la formidabile Organizzazione Mondiale della Sanità non si sarà sottratta al dovere di informare il governo di Taiwan dello scoppio della pandemia in Cina, duecento chilometri dai suoi confini. Manco per sogno; il governo taiwanese ha chiesto e l’Oms non ha risposto. Questo ha salvato il Taiwan, perché agli altri paesi che chiedevano informazioni all’Oms a gennaio, l’organizzazione rispondeva di non preoccuparsi. Fortunatamente a Taipei si sono subito preoccupati, eccome. Quindi il 15 gennaio Taiwan ha chiuso tutti i possibili collegamenti con la Cina che già sono pochi, ma la popolazione è pur sempre la stessa, e hanno usato mascherine e distanza. Taiwan è un paese democratico che non ha chiuso niente, non ha fatto il lockdown, e non gli è mai passato in testa di seguire l’esempio cinese. Risultato: 500 infetti, 10 morti. Cambiamo interlocutori sanitari, grazie.